Pensate a quando eravate nel grembo di vostra madre, pronti per fare la vostra entrata nel mondo. Tutti aspettavamo la vostra venuta: amici e familiari non vedevano l’ora di conoscere, toccare, coccolare questo incredibile dono della vita.
Ora riflettete: questo grande amore nei vostri confronti dipendeva forse dalla vostra posizione sociale? O dai vostri risultati? O forse dai vostri vestiti firmati? No di certo, essere amati era un diritto meritato e ottenuto dal semplice fatto di esistere.
E da adulti cosa cambia? L’ego immaturo e insicuro si mette in mezzo e ha sempre bisogno di ricevere conferme e attenzioni costanti per meritare questo amore.
Insomma, la nostra essenza, chi siamo è influenzata dalle nostre azioni, da cosa facciamo. E le nostre azioni, lo sappiamo tutti, possono essere imperfette.
Ma se proviamo a separare chi siamo da cosa facciamo, impareremo a distinguere tra ciò che definiamo “autostima” e ciò significa “autoefficacia”. Ciò che dovrebbe determinare la nostra “autostima” non è altro che il nostro modo di essere, separato dal nostro fare e ottenere risultati. Come quel bambino che è venuto al mondo, amato semplicemente perché esiste, vive a prescindere da ciò che ottiene o svolge nella vita. Come quel bambino che dentro ciascuno di noi ha acquisito dalla nascita il diritto ad una sana autostima, stabile e incondizionata. Una volta chiara questa differenziazione tra ciò che siamo e sentiamo nel profondo, possiamo finalmente sviluppare la nostra “autoefficacia” attraverso le nostre azioni ed i risultati, quello che facciamo nel nostro mondo familiare, relazionale, lavorativo e sociale.
Ed è bene sapere che la nostra autoefficacia, al contrario dell’autostima, può essere variabile e condizionata da tanti fattori!!! Ad esempio: ho fiducia nelle mie capacità, ma non riesco a trovare lavoro oppure non riesco ad ottenere un riconoscimento adeguato al mio impegno, etc. Oppure può capitare che anche se abbiamo fiducia nelle nostre capacità, a volte sbagliamo e ci abbattiamo. Ma è umano!
È proprio l’accettare che l’autostima sia un diritto di nascita, e quindi resti costante e solida, che ci permette di accettare il fallimento, di accogliere i nostri punti deboli e di trasformali in punti di forza. Ma quando confondiamo l’autostima con l’autoefficacia, ecco che saremo guidati e influenzati dallo status sociale, dai riconoscimenti lavorativi, dall’immagine o dai vestiti firmati per tenere elevata la nostra autostima.
Ed è così che pian piano sviluppiamo un senso del possesso esagerato che ci spinge ad identificarci con ciò che fa parte della nostra vita, con quello che abbiamo ottenuto. Ed ecco che l’autostima diventa succube dell’autoefficacia, la nostra essenza viene sopraffatta da quello che facciamo e otteniamo.
Abraham Maslow, psicologo americano famoso per la sua teoria sui bisogni primari dell’uomo, dice che “non è possibile alcuna salute psicologica senza che il nocciolo essenziale di ogni persona sia fondamentalmente accettato, amato e rispettato”.
Sviluppare un ego sano significa avere un sano senso del proprio valore, della propria essenza e dignità. Vuol dire avere una profonda stima di sé semplicemente perché esistiamo, sentiamo e proviamo emozioni che esprimono tutta l’umanità ed il potenziale del nostro stare al mondo.
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